I monti del Rif, due delle quattro città imperiali, il Medio Atlante, la pianura del Saïss: siamo nel cuore del Marocco, luogo di grande fascino. Girare tra i vicoli di Fès, la città più labirintica di questo Paese africano, osservare resti romani a Volubilis, scoprire Meknès su una carrozza, sfamare con mele e banane dispettose bertucce nella foresta di cedri. In viaggio alla scoperta di un Marocco sorprendente con i bambini.
Un’Africa verde è quella che si è aperta ai nostri occhi. Di tutto il Marocco abbiamo scelto di esplorare, con le nostre bambine, in autunno inoltrato (tra fine ottobre e i primi giorni di novembre) il Medio Atlante, la zona più interna del Paese, la più fertile, e quella che vanta la presenza di due delle quattro città imperiali, ovvero Fès e Meknès. E proprio a Fès decidiamo di atterrare e di soggiornare, e facciamo di questa città il nostro punto di partenza per un “on the road” di cinque giorni tra paesaggi mozzafiato e incontri sorprendenti, tra cui quello con simpatiche scimmiette libere. Accomodatevi, partiamo.
Fès, visitare la città imperiale più antica del Marocco con i bambini
Una volta atterrati all’aeroporto di Fès-Saïss, recuperiamo l’auto noleggiata tramite i form di agenzie di autonoleggio, e in mezz’ora arriviamo alle porte – o meglio dire, alle mura – di Fès.
La città imperiale più antica del Marocco, e quella più labirintica, presenta due medine: Fès el Bali e Fès el Djdid.
Per i punti di interesse e la vivacità che presenta, prediligiamo la prima che ci sorprende così, con vicoli larghi anche solo 60 cm, con un vociare di mercanti, con profumi di spezie alternati a odori acidi delle numerose concerie lì presenti, con babbucce di ogni colore a occupare intere pareti di mini negozi, e con gatti che escono da ogni angolo e che, inevitabilmente, diventano l’attrazione numero 1 della 6enne Gemma e della 2enne Dora. Dedichiamo due giorni a questo mondo antico.
L’universo marocchino
Un colpo d’occhio sensazionale della città si ha sicuramente dai riad in cui si alloggia. Dalla terrazza del nostro, tra lenzuola stese ad asciugare al vento, scorgiamo una città dai toni della sabbia, con tetti piatti, che ci riporta alla mente Aladdin, il noto film animazione Disney del 1992.
Quasi ogni mattina siamo sorpresi da una pioggerellina fresca che lascia spazio, poi, a un sole caldo, ma non invasivo.
Decidiamo di visitarla, non senza perderci, dall’ingresso principale alla vecchia medina, ovvero Bab Boujeloud, porta datata 1913. Da qui si apre un bivio. Percorriamo, in due momenti diversi, entrambe le strade: Talâa Seghira e Talâa Kebira. Quest’ultima ci sorprende maggiormente per i luoghi di interesse che su di essa si affacciano, tra cui la Madrasa Bou Inania, ovvero la scuola coranica. Ci entriamo e le piccole, come accadrà in simili luoghi che incontreremo nel nostro viaggio, si soffermano con curiosità sulla fontana centrale per le abluzioni e sulle piastrelle con motivi colorati e giochi ottici.
Raggiungiamo la Moschea di Karaouine che osserviamo dall’esterno, poiché solo i musulmani possono accedervi, ma dalla vicina madrasa si gode di una bella visuale sul cortile interno. Sono diversi i piani, e solo una “finta” caccia al tesoro ci permette di convincere le piccole a percorrerli tutti.
Souk, concerie e profumo di menta
Siamo tutti attirati dai souk, ovvero dalle vie dei negozi e dei mercati, spesso suddivise per prodotti artigianali esposti (spezie, lana, tappeti, pelli…). Un allegro miscuglio di colori, odori e suoni esotici.
Ma ciò che più ci affascina è il souk Sebbaghin, quello dei tintori. Qui una serie di venditori fanno a gara per ospitarci sulla terrazza del loro negozio per ammirare le concerie. Ci offrono rametti di menta da tenere al naso per evitare di respirare gli odori pungenti del trattamento delle pelli.
Dall’alto osserviamo grandi vasche di ammollo contenenti una miscela di acqua e sostanze naturali che aiutano ad ammorbidire e a pulire le pelli. Una volta rientrati nel negozio percorriamo più piani che presentano, ciascuno, i lavori delle pelli: borse, giacche, cinture, zaini, scarpe. Lo ammettiamo, abbiamo ceduto al fascino delle babbucce colorate, qui realizzate in grandi quantità.
Chefchaouen, la perla blu del Marocco
Il giorno numero tre e la mattina del giorno quattro li trascorriamo a Nord del Marocco, nella medina di Chefchaouen, l’incantevole città blu. In questo articolo vi abbiamo raccontato tutte le sue “sfumature”.
La giriamo in lungo e in largo perdendoci tra le sue vie azzurre, blu, celesti, fermandoci a bere tè alla menta a Place El Haouta e correre nella centralissima Place Uta el Hammam. Per il suo colore, per la sua bellezza è forse la città che più è rimasta impressa alle piccole viaggiatrici.
Volubilis, tra giganti di pietra
Un giorno del nostro tour marocchino lo riserviamo a una visita di due ore a Volubilis, il sito archeologico romano più importante del Paese, a nord di Meknès. Fondata nel terzo secolo a.C., è una delle più importanti e meglio conservate città romane dell’Africa settentrionale.
Basta l’architettura, con resti di templi, basiliche, terme, case private decorate con mosaici ancora visibili e un arco trionfale, per impressionare noi e le bambine. La esploriamo con libertà nascondendoci tra le colonne, attraversando gli archi, immaginando storie di persone che lì hanno vissuto.
Nel VII secolo Volubilis venne abbandonata e le sue strutture furono in gran parte saccheggiate per utilizzare le pietre nella costruzione di nuovi insediamenti, tra cui la vicina Meknès.
Meknès, la città imperiale vista da cavallo
Ed è proprio in quella che forse è la città imperiale meno turistica (le altre sono Fès, Rabat e Marrakech), Meknès, che ci dirigiamo. Abbiamo un pomeriggio a disposizione e decidiamo di osservarla da un punto di vista particolare: da una carrozza. Da una posizione rialzata percepiamo la vivacità di una città di provincia in cui spiccano solenni edifici voluti dal sultano Moulay Ismail.
Visitiamo proprio il Mausoleo a lui dedicato, dove protagoniste sono delle raffinate e superbe decorazioni. Attualmente nella parte della città antica di Meknès è in corso un’importante opera di restauro grazie a fondi provenienti dall’Unesco (la Porta di Bab El Mansour, per tale motivo, non è visibile e percorribile).
Riusciamo comunque a osservare Dar el Kébira, la residenza principale del sultano, l’immenso granaio, il Bassin de l’Agdal, una grande cisterna d’acqua, risalente al XVII secolo, costruita per immagazzinare grandi quantità d’acqua per uso pubblico e privato.
Folkloristica la piazza El Hedim, dove passiamo tra imbonitori che con voci squillanti attirano l’attenzione sul loro banchetto di merci in vendita. Non mancano mercanti con serpenti, scimmie, struzzi, pappagalli che si avvicinano per fare foto. Osserviamo doppiamente questo vivace caos: dalla strada, facendoci spazio tra persone e animali, e dalla terrazza di un locale, sorseggiando il tradizionale tè alla menta zuccherato.
Ad Azrou con bertucce golose e furbe
Il quinto giorno lo dedichiamo a una meta curiosa: Azrou, a un’ora e mezza da Fès. La strada che ci accompagna a questa destinazione attraversa anche Ifrane, la “Svizzera del Marocco”, una città dai tetti rossi, a punta, dove la popolazione marocchina benestante si reca, d’inverno, a sciare.
Passiamo oltre per dirigerci verso il bosco di cedri che sappiamo essere popolato da bertucce che vivono in libertà. Per strada ci fermiamo ad acquistare mele e banane, la merenda che daremo a questi simpatici animali. Una volta arrivati in uno spazio adibito a parcheggio rimaniamo stupefatti: ci sono davvero le scimmiette in libertà, certo, ma sono pure buffe, irriverenti e abituate agli esseri umani.
Qualche aneddoto? Si aggrappano ai nostri pantaloni per richiamare l’attenzione e farci consegnare loro la frutta, tentano di aprire l’auto dove notano, sui sedili, altro cibo, sono impazienti e litigano tra loro per un pezzo di banana, se ci mettiamo alla loro altezza saltano sulle nostre spalle e ci spulciano la testa. La gioia e il divertimento di adulti e bambini sono assicurati. Tappa imperdibile in questo sorprendente Marocco.
Un viaggio umano
Percorrere le strade di questo Marocco ci ha ridimensionati, ci ha portati a rivalutare le priorità, ci ha ricordato che siamo un bellissimo mosaico di culture, di religioni, di tradizioni.
Questo viaggio ci ha affascinanto, fatto scoprire un paesaggio mutevole, una popolazione genuina, ospitale, “lenta” nella sua bella caoticità.
Non ci siamo mai sentiti turisti, ma ospiti. Ospiti di un Paese che profuma di curry, pepe nero, datteri, noce moscata e menta.