Letteralmente, si tratta di “indossare” i propri bambini, con fasce o marsupi di diverso tipo, mantenendo con i piccoli un contatto fisico e riuscendo ad avere le mani libere. Un’ottima soluzione per i genitori che vogliono continuare a viaggiare portando con sé i propri figli piccoli.
Ci sono bambini che starebbero sempre in braccio e ce ne sono altri che hanno bisogno della loro indipendenza e amano sin da piccoli esplorare il mondo per conto loro. Per questo, come accade sempre, non esistono esperienze valide per tutti. Non fa eccezione il babywearing, ovvero la pratica (sempre più diffusa) di “indossare” il proprio bambino, portandolo con sé avvolto in una fascia legata al corpo.
Parliamo di una pratica antichissima, utilizzata da tantissime popolazioni in tutto il mondo ed effettivamente decisamente comoda, oltre che – sostengono diversi studi – anche positiva per il bambino e per la mamma, visto che aumenta il livello di contatto tra loro. Quando si ha un bambino piccolo che chiede di essere tenuto spesso in braccio, il babywearing può essere infatti una soluzione ottimale per avere le mani libere e riuscire a fare qualcosa anche mentre il proprio cucciolo dorme beato accoccolato nella fascia. E, per le stesse motivazioni, il babywearing è anche un’ottima soluzione per piccoli e lunghi viaggi.
Un bambino avvolto nella fascia è generalmente (lo ripetiamo: non esistono soluzioni universali, perché ogni bambino ha bisogni specifici diversi) un bambino più tranquillo, e la mamma può muoversi con maggiore autonomia, avendo le braccia libere.
Personalmente, sono stata testimone di ogni genere di variabile. Con la mia prima figlia, Matilda, ho inutilmente acquistato una fascia: non siamo mai riuscite a utilizzarla, perché lei probabilmente ci stava scomoda. Abbiamo riscoperto poi il babywearing più avanti, per viaggiare comodamente: essendo una bimba piuttosto pigra, il marsupio e lo zaino porta bebè sono stati effettivamente molto utili in un sacco di gite.
Invece, con il mio secondogenito Leonardo, il babywearing mi ha salvato la vita fin dai primi mesi. Lui era il classico bimbo che smetteva di piangere solo in braccio, e l’unico modo per avere le mani libere era farlo accoccolare nella fascia e continuare a fare ciò che volevo mentre lui dormiva serenamente.
Dalla fascia al marsupio: supporti diversi
Ci sono diversi supporti per portare il bambino con sé, anche se il “babywearing” in senso stretto generalmente considera la fascia – per diversi motivi – il supporto migliore. Al di là del maggiore contatto fisico con la mamma, c’è la posizione più raccolta (più naturale perché simile a quella tenuta nel ventre materno) e la capacità delle fasce di avvolgere i bambini facendoli sentire protetti e al sicuro.
Però le opzioni possibili sono tante. Uno dei più comuni supporti per il babywearing è la fascia ad anelli (o ring sling), che nasce per portare il bambino sul fianco e per questo – pur essendo comoda e facile da togliere e mettere – scarica il peso su una sola spalla.
Più equilibrata è invece la fascia semplice, che distribuisce il sostegno su tutto il corpo e che si può annodare con una semplice croce sul davanti. Nonostante le prime volte sembri impossibile riuscire a chiuderla in modo corretto e sicuro, dopo un po’ diventerà un gesto più che naturale (esistono tanti utili tutorial su Youtube che insegnano alle mamme a legare correttamente la fascia).
Facilissima da usare è la fascia tubolare (o pouch sling), un anello di stoffa in cui viene infilato il bambino e che si porta come una borsa a tracolla. Adatta ai bambini un po’ più grandicelli (perché è bene che reggano già la testa) permette di portare il piccolo in modi diversi.
Una via di mezzo tra i supporti morbidi (le fasce) e i supporti “rigidi” (i marsupi) è il Mei Tai, un porta bebè di ispirazione asiatica (come si intuisce dal nome) estremamente pratico perché dotato di alcune bande di tessuto che si legano facilmente in vita, mentre un rettangolo di stoffa centrale avvolge e sorregge il bambino. Probabilmente più semplice da utilizzare della fascia, perde però alcune delle qualità del babywearing, come la posizione fetale e il totale sostegno del bambino, che con il Mei Tai rimane con le gambe sospese, proprio come in un marsupio.
Infine, ci sono i classici marsupi porta bebè. Se un tempo si diceva che non fosse un supporto adatto alla schiena dei bimbi troppo piccoli, oggi il mercato presenta moltissimi modelli ergonomici che sostengono il bambino nella maniera più corretta.
Babywearing Italia: The Italian School of Babywearing
La scelta del supporto giusto dipende da tantissimi fattori: l’età del bambino, il suo peso, le esigenze della mamma e via dicendo. Visto che i bambini non sono tutti uguali, non esistono soluzioni adatte a tutti. Per questo, i diversi gruppi di sostegno al babywearing (ne trovate molti anche sui social network) consigliano, prima di scegliere il supporto giusto, di provare un po’ di opzioni in una “fascioteca”. Di cosa si tratta? Di spazi dedicati alla diffusione della cultura del babywearing, promossi ad esempio da associazioni come Babywearing Italia, che organizza eventi in tutta la penisola e corsi di formazione per diventare consulenti babywearing, oltre a promuovere la Kangaroo Mother Care, la “marsupioterapia” per i bimbi nati prematuri.
Proprio perché viene considerata una pratica importante per il bambino, nulla va lasciato al caso, e questi spazi sono a disposizione per scegliere il supporto più adatto e trovare le motivazioni giuste per “indossare” il proprio bambino. Allo stesso scopo esistono anche gruppi Facebook dedicati al mondo dei babywearng e delle mamme che lo praticano, con consigli, esperienze e compravendita di fasce e marsupi usati (uno molto seguito è Piazzetta Babywearing).
Babywearing: fino a che età?
Teoricamente non esistono limiti di età per il babywearing, così come non esiste un’età precisa in cui i bambini devono – ad esempio – smettere di usare il passeggino. Anche qui, ogni mamma e ogni bambino avrà delle necessità diverse a cui rispondere. Ci sono mamme che trovano comodo portare in spalla anche bambini di un anno e mezzo o due, mentre altre troveranno più pratico passare a sistemi diversi . Una variabile certamente importante è quella del peso, sia per la scelta del supporto migliore da utilizzare sia per prendere la decisione di abbandonare il babywearing (per quanto il peso sia ben distribuito sulla schiena, può non essere più così comodo viaggiare portandosi diversi chili addosso).
Babywearing da viaggio: gli zaini porta bimbi
Esiste un ultimo esempio di babywearing, particolarmente adatto alle famiglie che viaggiano. Si tratta degli zaini porta bimbi, che spesso possono rivelarsi molto utili anche con bambini che normalmente non viaggiano nei supporti da babywearing (per abitudine o per età). Quando si affrontano lunghe camminate, per esempio durante le visite in una città turistica, o in una passeggiata estiva in montagna, anche i bambini più energici possono stancarsi e chiedere di essere presi in braccio. Per questo è sempre utile portare con sé in queste occasioni uno zaino da “Babytrekking”: ne esistono di molte tipologie, dai più semplici e spartani a quelli più tecnici e adatti alle famiglie più sportive. Se vi state dirigendo in un family hotel, comunque, prima di comprare uno zaino porta bimbi fate una telefonata in albergo: in molti casi infatti il supporto rientra tra i servizi offerti su richiesta ai genitori.
Copyright: Familygo. Foto di V. Dirindin; Pixabay; Fidella